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Andrea Domenico Taricco – Critico d’arte

Carla Icardi obbedisce alle regole di un nuovo espressionismo del linguaggio in cui il sogno è la strada per illuminare il ricordo del reale. L’ascendenza orientaleggiante, quasi un richiamo a quel sano primitivismo inaugurato nel lontano ottocento, sembra tornare a galla, mediante la compostezza cromatica delinea l’equilibrio della composizione, in cui si connaturano i ricordi, esperienze formali tratte dal proprio repertorio artistico. Alcuni tratti o cenni del colore per definire sagome ideali. E la bellezza incarnata da una musa gigantesca, richiama nel suo grembo, i figli della modernità che adempiono al sacro rito di ricongiunzione.

Gennaio 2013

Gian Giorgio Massara storico e critico d’arte “I SOGNI HANNO UN COLORE?”

Carla Icardi – architetto presente dal 1990 alle realizzazioni dei più importanti progetti architettonici di Fiatengineering, come l’architettura Ferrari a Maranello, e ai successivi interventi di Maireengineering e di Tecnimont in Italia e all’estero – da dieci anni si dedica in modo sistematico alla pittura.

L’artista raffigura prevalentemente varie città che vengono colte nel momento del più intenso traffico, con fiammeggianti automobili che sfrecciano, ricche di insegne e popolate da anonime catene di “anime”, intese nelle luci effimere di Las Vegas invitanti alla perdizione; altri siti accolgono gli ultimi disperati accanto ai quali pulsa un altro mondo, quello delle Favelas, degli Emirates: qui maggiormente compaiono fra i palazzi grandi occhi scuri, profili di volti a suggerire presenze celate, insidiate: realtà scomparse.

I colori che sceglie e usa sono giocati spesso sul nero di fondo ove si distendono luminosi spazi turchesi, blu, verdi stridenti. Una tela è determinata da un evento tragico che ha colpito – all’improvviso, nell’arco di pochi minuti – la sensibilità del mondo intero: lo Tsunami s’è abbattuto su di una costa distruggendo vite e memorie. Ecco allora, in un dipinto, profilarsi una città composta da grattacieli dalle mille finestre illuminate, segni indeterminati all’orizzonte e in primo piano l’immensa onda guardata da uomini ormai senza volto: una sola, tragica presenza, a margine dell’opera, implora pietà mentre un volto scompare in un ultimo sguardo che sa di tragedia.

Carla Icardi ha al proprio attivo numerosi incontri d’arte che l’hanno portata a esporre – ad aggiudicarsi altresì premi e segnalazioni – in varie località del Piemonte, da Pavarolo ove dipinge nell’azzurro la torre che anche Clemente Rovere disegna nel 1833, a Susa ove si sono celebrate le pittrici che non ricevono “solo mimose”, da Santo Stefano Belbo a Baldissero Torinese.

Ma una delle tappe più significative è certo contraddistinta dall’invito rivolto alla nostra pittrice di esporre una propria opera in occasione dell’incontro Torino chiama Luxor – Luxor chiama Torino: la presenza del Governatore della città egiziana e della Presidente della Regione Piemonte, sottolinea il significato di una manifestazione alla quale la Icardi partecipa con un dipinto nuovamente ispirato al tema della Città.

Nessun artista però giunge all’astrazione senza aver percorso – in modo convinto – la via del paesaggio, quello reale che ci circonda, ove si riconoscono immediatamente il vento che scompiglia i panni stesi sulle cordicelle d’un ballatoio sovrastato da una cascata di fiori, un parco sotto la neve con la panchina che non può accogliere gli innamorati, oppure il greto d’un fiume che scorre faticosamente fra chiazze di ghiaccio.

Già in queste tele Carla Icardi – frequentando i corsi di Sandro Lobalzo – mostrava di saper positivamente affrontare il soggetto per tradurlo in una personale, intima poesia; il limite fra questa produzione e le future Città, s’individua nell’opera L’assedio campìta su di un fondo scuro interrotto solamente da grigia nuvolaglia e dalla candida falce di luna, con un bosco pietrificato in primo piano a fare da quinta prospettica, alti palazzi, un campanile, facciate dalle finestre accese; sta a noi visitatori cogliere emotivamente le presenze che pulsano oltre le pareti grigie, come misterioso è tutto un gruppo di opere nelle quali surreali volti hanno una risata innaturale.

Incognita è altresì la figura che procede con un pesante fardello sulle spalle; così pure certi ritratti iterati vivono in un proprio mondo fra il grottesco e la memoria della realtà.

Ci viene spontaneo definire queste ultime opere “situazioni” poichè la fase successiva s’identifica invece con il dipinto Abbraccio nel quale le espressioni dei volti sono scomparse a far luogo a delle immagini “che vanno”, sagome solamente, ricordi di una vita che s’è perduta, che tendono Verso la luce in un gioco cromatico fra i rossi violenti e i neri; che attendono infine che al Crepuscolo qualcosa accada.

L’attesa: sensazione questa che tutta l’umanità ha vissuto, talvolta inutilmente vissuto, oppure che ricorda come momento di gioia. E’ in “attesa” dunque la figura rannicchiata presente nel dipinto Bahamas, profilata contro un cielo dagli sprazzi dorati, in atto di meditazione; ma la parte inferiore della tela è dominata dalla memoria di una città blu fra le cui finestre s’insinua uno sguardo profondo e lontano. Bahamas è un dipinto assai ben costruito nei dominanti spazi indeterminati, negli interventi cromatici inusuali, nel sentimento di mistero che sa suggerire.

A questo dipinto segue l’interessante Città al tramonto articolato in due sezioni, l’una composta da tasselli luminescenti, la seconda da una serie di basse costruzioni nelle quali solamente i pochi panni stesi denunciano celate presenze per cui ci si chiede: chi vive al di là delle finestre chiuse oppure buie? Quali drammi, amori, angosce, interrogativi si nascondono nel paesaggio privo di immagini.

Si potrebbe pensare all’azione scenica di uno spettacolo destinato a terminare allo spegnersi dei riflettori.

Non è però a questa realtà che la Icardi tende: il suo mondo è popolato di uomini indefiniti, fantasmi, memorie fattesi colore, da intime storie che si materializzano per svanire all’alba.

Aprile 2010

Angelo Mistrangelo, critico d’arte e giornalista per La Stampa “LA CITTA’: TRA VISIONE E REALTA'”

Le vie fresche di mezza mattina eran piene di portici e di gente. Gridavano in piazza.

Cesare Pavese

Le immagini di Carla Icardi esprimono una personale visione dell’ambiente, del territorio, di una città vista e interpretata con la strenua energia del colore.

Un’energia che emerge dal fondo attraverso la ferrea disposizione del segno generante le forme, in una «scrittura» tra arte e architettura e tecnologia avanzata, in una sorta di interiore recupero di periferie urbane e megalopoli industriali.

In questa dimensione si individua l’attuale ricerca della Icardi che, dopo l’iniziale pittura tradizionalmente figurativa, è approdata a un discorso legato all’uomo e all’evoluzione della civiltà, alla difesa ambientale e all’interpretazione onirica di una umanità che si stempera spirituale sullo sfondo di palazzi, di viali con il caos delle automobili, con le finestre illuminate aperte su cieli plumbei.

E così le favelas a Rio, con grandi e simbolici occhi, gli antichi archi di un centro storico rivisitato, la proiezione di figure diafane verso la luce, concorrono a delineare gli elementi di un dipingere liberatorio, vibrante, espressionistico con l’insegna «Las Vegas», l’abbraccio di due amanti, la strada di New York con i fari accesi delle autombili e la bianca fila di persone che si tengono per mano in una vitale e sorprendente unione.

E sono città al crepuscolo, angeli e demoni sospesi su grattacieli e piazze tumultose e violente, ombre e notturni scanditi su spazi segnati da un dirompente cromatismo: dai rossi ai neri agli azzurri.

Ogni composizione è caratterizzata da una pulsante materia, «mentre – afferma la pittrice – sono qui sono già anche di là nell’altra dimensione…» nella memoria del tempo, nella «profondità dell’anima», nella progettazione ideale dell’esistenza.

La rappresentazione della Icardi non si sofferma, in questo caso, su rasserenanti interpretazioni del vero e del nostro ripercorrere marciapiedi affollati e talora anonimi, ma la successione delle immagini stabilisce un immediato riscontro – ha scritto Sandro Lobalzo – con «il regno dell’insondabile, il rifugio dell’arbitrario, l’affiorare del remoto».

Pittura, quindi, come linguaggio, silenzio, attesa di un evento risolutore, che «mi consente – suggerisce ancora l’artista – di narrare la mia storia di architetto», di entrare in un’area mistica, di controllare le emozioni prima di trasmettere il senso di un viaggio lungo itinerari inconsueti.

Al di là dell’indagine figurale, la Icardi affida a queste opere recenti il fascino della città, delle sere illuminate dai lampioni e dalle vetrine dei negozi, delle fabbriche con i macchinari fermi e tramonti misteriosi nella magia della luna su i ricordi di un’infanzia ritrovata.

Angelo Mistrangelo

Torino, 14 marzo 2010

Nives Maria Salvo critico d’arte e scrittrice

(…) tutti noi abbiamo bisogno di riaccendere delle luci… in fondo anche questo è il compito dell’artista, cercare il contatto tra un mondo che tende ad essere alieno all’individuo e l’individuo che invece disperatamente prova a capirlo. Le città dipinte da Carla Icardi non sono del tutto reali, ella ama dipingerle in maniera fantastica, e del tutto personale, ma riesce a mostrarci il rapporto talvolta controverso, tra l’artista, l’uomo e la città. Rapporto che talvolta si risolve in una fuga dalla città, in una spasmodica tensione verso un assoluto che magari non si trova…

Dicembre 2009

Pittore e maestro d’arte Sandro Lobalzo “TORMENTI DELL’ANIMO”

La ferrea e ostinata ricerca, l’elaborazione fantastica della rappresentazione, contraddistinguono il percorso artistico di Carla Icardi, percorso accidentato che a volte Carla aggira, a volte affronta a muso duro accettando la sfida, altre s’arresta assalita da dubbi e fantasmi che solo lei avverte… ma in fondo in fondo tutti, artisti e no, hanno il loro “fantasma” col quale misurarsi quotidianamente.

Per il pittore il percorso a ostacoli è una costante, quasi cercata, come il pedone che volontariamente allunga il tragitto zigzagando fra un isolato e l’altro, avendo così la probabilità, l’occasione di più incontri, ognuno dei quali è una sollecitazione, l’affiorare di un ricordo, una nequizia, esperienze da immagazzinare, triturare, impastare e restituire filtrate e odorose di sé.

Conobbi Carla ai Corsi Cedas e subito mi colpì, oltre che per l’innata eleganza e la squisita gentilezza, per la determinazione con la quale, fra mille difficoltà (la famiglia, l’attività di architetto, che la porta a spostarsi spesso) riusciva a ritagliarsi uno spazio per coltivare la sua grande passione: la pittura.

Posso dire di averla vista crescere sotto i miei occhi, lievitare lentamente ma inesorabilmente, prendendo confidenza sempre maggiore con mezzi espressivi quali l’acquerello, l’olio, l’acrilico, tecnica questa che mi sembra prediliga, tecnica che le permette di fare e disfare, rincorrere i suoi sogni, materializzarli, proporceli, angosciarci anche, porsi e porci delle domande che non necessariamente vogliono risposte.

Settembre 2005

Pippo Ciarlo nella rivista “Aperto Torino”

Se nella vita il segreto per essere felici è “sapersi accontentare” sarò sempre inquieta come i miei quadri. L’ambizione di crescere nell’arte pittorica è sempre stata latente in me fin dal periodo scolastico. Poi la vita mi ha portata a lavorare come architetto in una società di Ingegneria, imprigionando per lungo tempo questa primitiva passione. Nell’opinione comune c’è, attorno all’artista, la fama di un estroso perditempo, che non fa un lavoro “vero”, ma vive disordinatamente, questo perché:

L’ANIMALE CHE VIVE IN GABBIA NON PUO’ AMARE QUELLO CHE CORRE!

Così anch’io ho dovuto “mettere da parte”, come chiunque voglia campare decentemente. Un paio d’anni fa, poi, la passione covata per anni, mi è esplosa dentro, ed oggi trovo nella pittura finalmente la mia vera forma espressiva. Oggi mi emoziona l’acquerello per la sua immediatezza e la sua spontaneità, mentre l’acrilico mi dà sensazioni forti, perché riesco a dare intensità interiorizzata ed espressione all’idea. Sento dentro una grande potenzialità: voglia di sperimentare, senza il vincolo di soggetti privilegiati, perché credo che la mia anima sia un eterno divenire: ho bisogno di crescere, per continuare la ricerca di me.

icardi_studio

Tra l’ambiente creativo, ovvero il contenitore in cui nascono le opere, e l’artista, esiste certamente una relazione. Nel mio caso lo studio è il posto dove si concretizzano le idee, con la giusta luce, l’atmosfera creata dalla musica, dal calore della casa che mi accoglie ogni sera dopo il lavoro. La stanza è luminosa, con vista sulla collina, tuttavia lavoro essenzialmente di sera, quando il respiro della notte mi predispone ad interiorizzare le idee. Resto sola con me stessa fino a tardi, ed il  “posto” dove lavoro entra in sintonia con la mia mente.

 La mattina, ahimè, vado a lavorare con le occhiaie, ma felice. Sempre, prima di uscire, passo dallo studio per dare un’occhiata a ciò che ha preso vita la sera prima.

Pippo Ciarlo nella rivista “Aperto Torino”

Maggio 2005

Marcello Salvati artista e giornalista

Nella pittura di Carla Icardi coesistono due ambiti linguistici contrapposti, che annodano il loro rapporto sulla dualità esistente tra il mondo reale e quello fantastico. Da un lato Carla Icardi sente il bisogno di consolidare il proprio talento, attraverso una figurazione che affonda la proprie radici nella più pura tradizione realista piemontese, quella cioè legata al paesaggio e alla natura morta. Dalla parte opposta ci ritroviamo, invece, davanti un’artista che non teme di mettere a nudo la propria intimità, creando sulla tela fantasiosi artifici creativi, ad evocare irreali e lontane atmosfere, a confine tra letteratura e teatro.

Se le rappresentazioni figurative più classiche si evolvono verso una percezione dell’esistente sempre più legata ai giochi dei ricordi e della memoria (bottiglie impolverate, vecchi macinini, conchiglie, fiori, frutta), quelle più “fantastiche” indagano l’inconscio e l’Io profondo, qui simboleggiati da maschere della tragedia greca, da parrucche femminili e busti in gesso, intenti a richiamare l’attenzione sulla fragilità, non solo interiore, della condizione umana.

Carla Icardi, nell’esprimere se stessa attraverso il medium della pittura, utilizza con disinvoltura sia l’acquerello che l’acrilico. La sua pennellata è semplice, pulita, luminosa, pregna di un piacevole effetto cromatico verso la realtà raffigurata, mai banale copia di se stessa, ma abile interpretazione del vissuto, riproposto con originale semplicità, attraverso un aereo effetto di trasparenze e luminosità.

Marzo 2004