Le vie fresche di mezza mattina eran piene di portici e di gente. Gridavano in piazza.
Cesare Pavese
Le immagini di Carla Icardi esprimono una personale visione dell’ambiente, del territorio, di una città vista e interpretata con la strenua energia del colore.
Un’energia che emerge dal fondo attraverso la ferrea disposizione del segno generante le forme, in una «scrittura» tra arte e architettura e tecnologia avanzata, in una sorta di interiore recupero di periferie urbane e megalopoli industriali.
In questa dimensione si individua l’attuale ricerca della Icardi che, dopo l’iniziale pittura tradizionalmente figurativa, è approdata a un discorso legato all’uomo e all’evoluzione della civiltà, alla difesa ambientale e all’interpretazione onirica di una umanità che si stempera spirituale sullo sfondo di palazzi, di viali con il caos delle automobili, con le finestre illuminate aperte su cieli plumbei.
E così le favelas a Rio, con grandi e simbolici occhi, gli antichi archi di un centro storico rivisitato, la proiezione di figure diafane verso la luce, concorrono a delineare gli elementi di un dipingere liberatorio, vibrante, espressionistico con l’insegna «Las Vegas», l’abbraccio di due amanti, la strada di New York con i fari accesi delle autombili e la bianca fila di persone che si tengono per mano in una vitale e sorprendente unione.
E sono città al crepuscolo, angeli e demoni sospesi su grattacieli e piazze tumultose e violente, ombre e notturni scanditi su spazi segnati da un dirompente cromatismo: dai rossi ai neri agli azzurri.
Ogni composizione è caratterizzata da una pulsante materia, «mentre – afferma la pittrice – sono qui sono già anche di là nell’altra dimensione…» nella memoria del tempo, nella «profondità dell’anima», nella progettazione ideale dell’esistenza.
La rappresentazione della Icardi non si sofferma, in questo caso, su rasserenanti interpretazioni del vero e del nostro ripercorrere marciapiedi affollati e talora anonimi, ma la successione delle immagini stabilisce un immediato riscontro – ha scritto Sandro Lobalzo – con «il regno dell’insondabile, il rifugio dell’arbitrario, l’affiorare del remoto».
Pittura, quindi, come linguaggio, silenzio, attesa di un evento risolutore, che «mi consente – suggerisce ancora l’artista – di narrare la mia storia di architetto», di entrare in un’area mistica, di controllare le emozioni prima di trasmettere il senso di un viaggio lungo itinerari inconsueti.
Al di là dell’indagine figurale, la Icardi affida a queste opere recenti il fascino della città, delle sere illuminate dai lampioni e dalle vetrine dei negozi, delle fabbriche con i macchinari fermi e tramonti misteriosi nella magia della luna su i ricordi di un’infanzia ritrovata.
Angelo Mistrangelo
Torino, 14 marzo 2010